(Genova, 20-21 settembre 2004)
Il Santuario dei Cetacei come occasione di tutela e di sviluppo economico
Il Santuario per i cetacei – di fatto l’area marina protetta più grande d’Italia e del Mediterraneo – è l’occasione migliore per dimostrare che la tutela della biodiversità marina comporta benefici a tutti
Santuario per i cetacei e whale watching ecosostenibile: vantaggi per l’economia del turismo e vantaggi per l’ambiente
L’azione di tutela dei cetacei e del loro habitat può contare su un’arma di persuasione molto efficace. Si tratta del whale-watching, pratica turistica diffusa nelle aree dei santuari, con un impatto ambientale basso e ricavi in miliardi di Euro annui, derivati anche dal fiorire di strutture alberghiere, di ristorazione, produzione di gadget e souvenir tipici, nel rispetto delle balene e dell’identità locale.
I Santuari offrono un’opportunità unica per promuovere la conservazione delle specie e le attività di ricerca nel rispetto degli animali, quali le spedizioni periodiche per censire le specie, identificare e fotografare i singoli esemplari e monitorare le condizioni dell’ambiente.
La pratica del whale watching sempre più diffusa e sempre più ricercata da coloro che desiderano ammirare la bellezza di questi animali nasce in California nel 1955 per raggiungere, negli anni ’80, Australia, Nuova Zelanda, Canarie, Giappone ed altre nazioni. Nel corso degli anni ’90, questo andamento è andato crescendo, raggiungendo un tasso di diffusione del 12.1% annuo. Oggi, gli stati costieri dove si pratica il whale watching incassano da quest’attività 1 miliardo di dollari ogni anno, ecco perché viene ormai praticato in oltre 87 nazioni da oltre 9 milioni di persone all’anno Questa pratica, purché condotta nel pieno rispetto degli animali, può effettivamente combinare la conservazione delle balene con i benefici economici per le comunità locali. Gli operatori, ad esempio, devono assicurarsi che gli esemplari vengano avvicinati nel modo appropriato ed osservati ad una distanza di sicurezza. Se questo approccio cauto sarà alla base dell’attività del whale-watching, contribuirà a promuovere la conservazione degli ambienti marini, fornirà informazioni importanti sulle popolazioni di balene e porterà benefici alle comunità attraverso il turismo.
Santuari per cetacei e whale-watching
Tra le misure “istituzionali” volte al controllo della caccia ai cetacei, la Commissione baleniera internazionale ha designato aree di protezione in cui le popolazioni di balene possono riprodursi, nutrirsi e proseguire nel loro lento cammino di ripopolamento della specie. Il primo santuario fu creato in Antartide nel 1938. In questo settore non aveva ancora preso piede la caccia a scopi commerciali dei cetacei, e l’istituzione del santuario mirava a mantenere la condizione di immunità per le balene che popolavano quelle acque. Il santuario fu mantenuto fino al 1955, quando l’area fu riaperta alla caccia per tre anni, per ridurre l’incidenza della mattanza nel resto dell’Antartico. Seguì poi nel 1979 il santuario dell’Oceano Indiano, che protegge i luoghi dove tre quarti delle balene del mondo si recano per nutrirsi.
Nel 1993 in Italia è stato istituito il Santuario per i cetacei nel Mediterraneo occidentale.
I Santuari offrono un’opportunità unica per promuovere la conservazione delle specie e le attività di ricerca nel rispetto degli animali, quali le spedizioni periodiche per censire le specie, identificare e fotografare i singoli esemplari e monitorare le condizioni dell’ambiente oceanico.
Tuttavia, nonostante gli indiscutibili benefici dei santuari, ogni anno, ad ogni nuova riunione della Commissione Europea, le nazioni baleniere spingono per l’abolizione di questi santuari, o per la loro momentanea sospensione.
La situazione nel mondo: qualche esempio
Il Sud Africa presenta diverse aree marine protette, molte delle quali contengono habitat di mammiferi marini. Più di 20 aree marine protette sono visitate di stagione in stagione dalla balena franca australe (Eubalaena australis), 13 dalle megattere (Megaptera novaeangliae), 12 dalla susa pacifica (Sousa chinensis), 2 dal cefalorinco di Heaviside (Cephalorhynchus heavisidii), 15 dal delfino comune (Delphinus delphis), 2 dal lagenorinco scuro (Lagenorhynchus obscurus), 19 dal tursiope (Tursiops truncatus).
In Sud Africa il whale watching ha avuto un grande impulso a partire dalla metà degli anni ’90; in particolare le riserve marine di Walker Bay e di DeHoop sono punti di avvistamento eccezionali per l’osservazione in natura dei Cetacei.
Il Senegal è da sempre impegnato nella conservazione della natura coi suoi parchi nazionali, due dei quali sono importanti per la salvaguardia dei mammiferi marini. Il Parco Nazionale di Oiseaux du Djouji e il Parco Nazionale del delta del Saloum hanno entrambi gli habitat del lamantino africano (Trichechus senegalensis), e l’ultimo include le acque abitate dalla susa atlantica (Sousa teuszi).
L’Australia rappresenta un esempio invidiabile per la conservazione dei Cetacei, con la più grande rete al mondo di Santuari per i Cetacei, una rete istituita nel 1994 e che si estende su una superficie oceanica di oltre 30 milioni di kmq e che vede l’accordo di ben 11 nazioni del Pacifico. In particolare il Santuario australiano è il più vasto al mondo con i suoi 8,6 milioni di kmq. La rete dei Santuari del Sud Pacifico alimenta un volume di affari, legato all’industria del turismo e del whale watching, che nella sola Australia raggiunge i 42,5 milioni di dollari all’anno.
Il Canada ha istituito nell’area del fiume di S.Lorenzo in Quebec un Parco Marino Nazionale per la salvaguardia dei beluga (Delphinapterus leucas) e un’area marina protetta nel Gully (Canada orientale) per la conservazione dell’iperodonte boreale (Hyperoodon ampullatus) che si alimenta in queste acque. Tra le aree protette istituite negli Stati Uniti, ricordiamo i Santuari marini delle Isole Channel in California, per la protezione di diverse specie di mammiferi marini tra cui le otarie, e il Santuario Nazionale per la salvaguardia delle megattere (Megaptera novaeangliae).
Inoltre sono state designate delle Aree Speciali per la Conservazione dei Cetacei, in particolare i tursiopi (Tursiops truncatus) nell’estuario del fiume Shannon in Irlanda e nella baia di Cardigan e Moray Firth in Gran Bretagna.
Islanda e whale watching
Oggi, mentre alcuni governi – un tempo dediti alla caccia – fra cui il Brasile, l’Australia, la Nuova Zelanda ed il Sud Africa, hanno abbracciato l’idea di fare del whale watching la sola ed unica alternativa sostenibile alla caccia commerciale, l’Islanda ha già invece annunciato la ripresa della caccia in acque dove fino all’agosto del 2003 le balene venivano “solo” osservate. All’inzio del 2003, l’Islanda, tornata a far parte dell’IWC nel 2002 con una riserva sulla moratoria, ha annunciato la propria intenzione di avviare nel 2004 un programma di ricerca “scientifica” che prevede l’uccisione di 100 balenottere minori, 100 balenottere comuni e di 50 esemplari di balenottera boreale. Nell’estate del 2003 sono stati uccisi i primi 38 esemplari. Simili piani sono stati già fortemente criticati dalle associazioni di whale watching, fra cui l’importante Icelandic Tourist Industry Association (ITIA) che annovera fra i propri membri anche l’Icelandair.
Eppure, anche in Islanda, il whale watching ha portato finora maggiori introiti di quelli della caccia alle balene, basti pensare che solo nell’anno 2002 sono stati incassati oltre 16 milioni di dollari, almeno quattro volte ciò che generò annualmente l’attività di caccia “scientifica” condotta da questa nazione tra il 1985 ed il 1989.
Per quanto riguarda l’Europa, oltre al Santuario dei Cetacei istituito nel Mar Mediterraneo, esistono santuari speciali dedicati alla conservazione dei Cetacei in Irlanda ed in Germania nel Mare di Wadden.
Paesi in via di sviluppo e whale watching
Lo sviluppo del whale watching a Vava’u (un arcipelago di isole nell’oceano Pacifico meridionale appartenenti al più importante di Tonga) fornisce un esempio di come possa apportare sostanziali benefici economici alle comunità anche in quelle nazioni considerate in via di sviluppo. Nel 1998, a Vava’u il whale watching, generò 58.000 dollari d’indotto, mentre indirettamente la spesa per il soggiorno dei visitatori raggiunse e superò il milione di dollari a stagione.
Coloro che operano nel turismo a livello locale sostengono con forza il whale watching. Nel 1999, da un sondaggio fra i cittadini dell’isola, risultò che il 62% avvertiva le balene come esseri viventi “estremamente importanti” per il turismo a Vava’u, un 30% le considerava “importanti” e solo l’8% ha affermato di non considerare la loro presenza utile al turismo. In tutta la regione, la speranza dalla popolazione riposta nelle balene, ha alimentato la crescita di un forte sentimento d’opposizione alla caccia commerciale. Operatori turistici ed esperti di whale watching sono d’accordo nell’affermare con forza che l’eventuale ritorno nella caccia a Tonga avrà conseguenze devastanti sul turismo e sull’intera economia delle isole.
I turisti che visitano questi luoghi fanno da eco alla contrarietà nutrita nei confronti della caccia commerciale – il 74% si definsce “fermamente contrario” ed il 21% “contrario”. Il 26% afferma, infatti, che proverebbe meno interesse verso un Paese che caccia le balene mentre, per il 52% degli intervistati, questo costituirebbe un vero ostacolo all’organizzazione di una vacanza proprio in quel luogo. Da sondaggi analoghi condotti in altre nazioni in cui si pratica whale watching, è emerso come quest’attività sia del tutto incompatibile con la caccia commerciale.
LA SITUAZIONE NEL MEDITERRANEO
Il Mediterraneo è il più grande mare “chiuso” del mondo: 2,5 milioni di kmq. In esso vivono circa 900 specie di pesci e circa 400 specie di piante marine. Il mediterraneo ospita un altissimo numero di specie endemiche (circa il 20%), paragonabile a quello dei mari tropicali. Attualmente meno dell’1% delle sue coste è protetto.
Nei nostri mari vivono numerose specie di Cetacei: stenella striata, delfino comune, tursiope, grampo, steno, pseudorca, globicefalo, zifio, la balenottera minore, l’orca, la balenottera comune, il capodoglio.
Una delle specie più interessanti è sicuramente la balenottera comune, un gigante del mare conosciuto fin dai tempi più antichi. Si è scoperto che la popolazione presente nel Mediterraneo è “isolata” rispetto a quella atlantica, poichè, anche se qualche esemplare attraversa lo Stretto di Gibilterra, non incide sulla popolazione residente.
Non c’è un censimento preciso sul numero di esemplari che vivono nel bacino Mediterraneo: l’unica stima disponibile riguarda soltanto il bacino Corso-Ligure-Provenzale e il Mediterraneo occidentale e limitatamente al periodo estivo, ottenuta ogni anno attraverso l’operazione Delphis, manifestazione nautica internazionale che Battibaleno organizza puntualmente dal 1997. In generale non si conosce la situazione delle popolazioni di cetacei ed è anche per questo motivo acquisire informazioni su altri siti di alimentazione nel Mediterraneo, oltre ad avere un’alta valenza scientifica è di fatto una buona notizia per il futuro delle balenottere, delle altre specie di Cetacei e per la fauna marina nel suo complesso.
Nel Mediterraneo, appena l’1% dei mari del pianeta, si concentra il 28% del traffico mondiale di petrolio, ovvero 300 petroliere che rilasciano complessivamente una scia nera di 2.800 tonnellate di petrolio al giorno, equivalenti a 15 “Prestige” (la petroliera affondata in Galizia) ogni anno. Si tratta di 280 scarichi illeciti al giorno mentre quelli scoperti dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) nel solo 1999 tramite satellite sono stati 1.638, che equivalgono a 17.000 kmq. di petrolio sversato in mare, tre volte la superficie della Corsica”. Solamente a Genova vengono sbarcate ogni anno diciotto milioni di tonnellate di greggio e derivati.
Purtroppo, nonostante la crescente conoscenza acquisita sulle minacce ai Cetacei, le iniziative rivolte alla loro protezione riguardano meno del 3% delle aree protette in tutto il mondo. La maggior parte delle iniziative di conservazione sono guidate da logiche di opportunità economica. Se negli ambienti terrestri la caccia e l’industria del turismo hanno spesso spronato le attività di conservazione, nell’ambiente marino la maggior parte delle pressioni economiche deriva dall’indebolimento dell’industria della pesca. Di conseguenza la maggior parte delle istanze di conservazione degli ambienti marini è legata alla ripresa della pesca. Una delle critiche maggiori all’istituzione delle aree marine protette in generale, e delle aree riservate alla protezione dei mammiferi marini in particolare, è quella di essere dei “parchi sulla carta”, cosa che da un lato dà la falsa sensazione di un successo in termini di conservazione e dall’altro deriva dalla mancanza di una regolamentazione e di una vigilanza di tali santuari.
BATTIBALENO è un’associazione no-profit per la tutela dell’ambiente mediterraneo, creata nel Luglio 1995, nella vocazione di migliorare le conoscenze e la percezione di balene e delfini regolarmente avvistati nel Mediterraneo. Il nostro fine è preservare il loro ambiente naturale, imparando a conoscere ed amare questi animali attraverso lo spirito sportivo della navigazione, nel rispetto delle sue regole, della vita di bordo e dell’ambiente.
BATTIBALENO, senza mai superare le proprie sfere di competenza, ed evitando le posizioni eccessive, si leva in difesa di balene, delfini, tartarughe ed altre innumerevoli specie animali , spesso vittime dell’attività umana esercitata con violenza e arroganza.